ETNA inBLUES & INGREEN - MASCALUCIA

16 luglio 2011

ANCORA SI ODONO GLI ECHI
ETNA InBLUES
… tra suoni e lapilli !!

La calda lava dell’Etna inBlues Festival ancora una volta ha richiamato ad ammirarla tanti affezionati e curiosi che ogni anno attendono con trepidazione questo evento estivo che si svolge nella città di Mascalucia, alle pendici del Vulcano Etna.
Il Festival internazionale, organizzato perfettamente da Corrado Zappalà (Ass. inBlues) con la consulenza artistica di Gianni Di Carlo, è stato presentato, nelle tre serate, dal giornalista di RadioRai Marco Basso.
L’afa serale non ha intimorito il pubblico, intervenuto numeroso ed entusiasta all’anfiteatro del Parco Trinità Manenti. La rassegna ha presentato mostri sacri del Blues mondiale accanto a band nostrane.

L’apertura è stata affidata ai palermitani Halfchicken B.Band, che hanno eseguito brani del repertorio e cover di Muddy Waters, Little Walter, Lowell Fulson, Louis Jordan. La blues-band ama colorare i pezzi rivisitando swing e country blues.
Il cambio palco è toccato al catanese Carmelo La Manna, che con la sua band, ben sostenuta dai numerosi fans che hanno assistito ad un’ottima performance, ha letto con gusto le  pagine del blues.
Buone le trame scelte dai componenti della TNT band, nelle loro incursioni nel territorio del blues. Pregevole la voce di Mimmo Prezioso, di ottima fattura le traiettorie elettriche scelte da Giuseppe Scuderi, di buon apporto la sezione ritmica di Riccardo Pinturo al basso e Marcello Finocchiaro alla batteria.
Ad atmosfera calda sale sul palco Albert Cummings, miglior talento 2010. Il chitarrista è accompagnato da Karl Allweir, bass, Conor Meehan, drum.
Albert Cummings (Williamstown, Massachusetts), venuto alla ribalta nel 2006 con l’album d’esordio per la Blind Pig  “Working man”, viene oggi considerato il degno erede di Steve Ray Vaughan, morto tragicamente nell’agosto del ‘90 in un incidente aereo. La performance di Cummings è stata quella di un vulcano in eruzione. Le cavalcate elettriche del guitar-bluesman hanno fatto omaggio a reminiscenze hendrixiane e zeppeliniane. Dopo aver acceso le polveri ha tirato fuori dal suo repertorio “Tell like this”, “Feeling stool” e “Separately”, senza far mancare omaggi ai suoi maestri ispiratori, Hendrix e Page, con la esecuzione delle celeberrime “Purple haze”, “Rock and roll”. La fantasmagorica serata viene conclusa con una poderosa cover di Stevie Ray Vaughan.
Il pubblico in visibilio chiede il bis che non tarda ad arrivare per ben cinque volte, concludendo la prima serata di questo festival internazionale.

La seconda serata ha inizio con la Yperlux Band che mischiando vari generi, con sfumature blues, hanno eseguito con vigore brani propri come “Resti in luce” ed una cover di Steve Ray Vaughan.
Quando avviene il cambio di palco si presentano i Five Feet Under band. La loro esibizione viene aperta da “Etna Boogie” per poi scivolare con “Aspirina blues”     e la conclusiva  “Crazy lazy girl”.
L’aria si surriscalda alla volta di Neal Black and the Healers. Il chitarrista texano, innovatore nelle strutture che mischiano blues rock ad atmosfere roots, ha collaborato con nomi illustri  del blues, come Popa Chubby, Chuck Berry, Jimmy Dawkins, Papa John  Creach, tanto per citarne alcuni della numerosa lista.
Agli inizi della carriera Neal apriva gli show di Steve Ray Vaughan, Albert King, Savoy Brown, Paul Butterfield.
Neal  Black ha infiammato i cuori dei numerosi presenti con brani blues misti a venature rock, con una voce roca e possente sullo stile del grande Tom Waits.  Maestoso l’assolo-slap del basso di Chris Jefferson, che, masticando le corde con i denti, mandava in visibilio il pubblico. Intensa la versione di “Since  i’ve been loving you”, cover dei Led Zeppelin raffinata da far commuovere i vecchi rocker presenti.
Il set di questa meravigliosa serata viene concluso dalla potente voce di Lousiana Mojo Queen, al secolo Verlinda Zeno, che si presentava alla platea di Mascalucia accompagnata dagli strepitosi Roberto Morbioli, voce e chitarra, Stefano Della Porta,  basso, Diego Pozzan, batteria e Daniele Scala, tastiere.
La voce della Queen è talmente articolata da far convivere le sfumature di un soprano con quelle di basso e contralto. Nella sua carriera la blues-lady ha aperto i concerti di Edgar Winter, Bo Diddley e Rufus Thomas.
La band di Morbioli, dopo aver aperto con tre brani di repertorio, annunciava l’arrivo di Miss Zeno-Queen che con la sua prorompente stazza riscaldava la platea invitando tutti a ballare.
Divertente i siparietti sul palco: la Queen che si asciuga il prosperoso seno in preda a calure estive ... l’invito a danzare con lei ad un malcapitato boy-dancer locale ... ed una eccitante estrazione dal reggiseno di un rossetto, meta di affascinante bacio-ricordo per un fortunato ragazzo del pubblico.
Ormai sul palco siamo all’apoteosi della musica soul. La splendida Mojo Queen ci regala una toccante versione di “Piece of my heart” di Janis Joplin, cantata in long-version anche con Mimmo Prezioso dei TNT e da una ragazza tirata fuori dal numeroso pubblico. Tutti danzano  e cantano contenti con gli occhi lucidi. Si conclude cosi un’altra bella pagina di blues.

 L’apertura della terza e conclusiva serata è affidata al Marco Corrao Blues Quartet, band attiva nel panorama blues nostrano sin dal 1995. Nella loro performance omaggi a Blind Willie Johnson, Blind Lemon Jefferson, Robert Johnson. Ottime le traiettorie scelte: un blues d’annata, colorato dal valido armonicista Leonardo Triassi e dalla perfetta sezione ritmica di Michele Virga alla batteria e Alberto Petrigno al contrabbasso. Intense  le songs “Blind” e “Queen Jane approximately”. Stupenda la cover “Love in Vain” di Robert Johnson, poi portata al successo dai Rolling Stones
Il pubblico si scalda quando è la volta della Gai Bennici band. Dopo aver appreso le lezioni dei maestri Collins, Winter, Clapton, Blackmore,  Steve Ray Vaughan, l’agrigentino Bennici, ha sviluppato una tecnica che lo annovera oggi tra i migliori bluesman nostrani. Il virtuoso chitarrista siciliano, ben coaudivato dal bassista Domenico Cacciatore e dal batterista Angelo  Spataro, ha eseguito con vigore “Fire Billy”, “Sex  shuffle” e “Sweet love” dedicata alla famiglia presente tra il pubblico. Accattivanti le plettrate su riff  stile Adrian Belew.

Poi il grande finale. Il set è affidato all’armonica di Charlie Musselwhite, uno dei maggiori  suonatori  di questo strumento. Mentre suonava il pubblico si proiettava sulle sponde delle acque fangose del Mississippi, in compagnia di John Lee Hooker  e Muddy Waters. I brani proposti da Charlie raggiungono vette di rara bellezza, basti ricordare “Stranger in a strange land” e “Sad and beatiful world”.
Musselwithe dominava il palco, accompagnato da Mark Phillips al basso, Matt Stubbs alla chitarra elettrica, June Core alla batteria. Il brano finale è stato da nervous breakdown del blues, con un lungo assolo di batteria e precisi incastri di basso e chitarra.
Un applauso per la riuscita di questo Festival  va ai tecnici del suono che si sono succeduti alle consolle, Tony Carbone (ex DeNovo), Francesco Cummaudo, al tecnico delle luci Giuseppe Noè, al tecnico di palco Giovanni Marchese e all’intero staff di Vito Torrisi che ha fatto funzionare a meraviglia questa potente macchina on-stage.

Tre giorni di blues sanguigno, colorati senza eccessi da bicchieri di birra, fumate di sigaro e da una folta presenza di pubblico femminile.
L’Etna rimanda ancora echi di armoniche, chitarre e voci sul Parco Trinità Manenti di Mascalucia. Al prossimo anno per  un’altro magico festival.
.. tra suoni blues e corde di lapilli incandescenti !!

(Marco Manna - Globus Magazine)

 

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